mercoledì 17 marzo 2010

Tratta e Prostituzione: oltre i luoghi comuni. L'intervento di Andrea Morniroli

Andrea Morniroli - Coop. Dedalus Napoli
TRATTA E PROSTITUZIONE: OLTRE I LUOGHI COMUNI
Modelli di intervento tra tutela delle vittime e controllo del territorio
Asti, 15 marzo 2010

Prima di entrare nel merito, una premessa:
non vi è dubbio che il tema prostituzione e’ un tema “caldo” di quelli che provocano:
Preoccupazione
Allarme
Conflitto sociale

Di quelli che spesso proprio per tale caratteristica diventano oggetto di attenzione da parte della politica ma una politica che difficilmente ha il coraggio di prendersi in carico le strutture profonde preferendo fermarsi alla superficie alla risposta all’emergenza alla tentazione di nascondere piuttosto che risolvere.
Un atteggiamento che spesso entra in modo pesante “a gamba tesa” su universi fragili fatti di:
Vite
Corpi
Sofferenza
Speranza
che, invece, come tutte le cose fragili avrebbe bisogno di delicatezza e attenzione.

Fuori da metafora, una ambito che ha bisogno: di un sistema articolato e di politiche ed interventi integrati capaci di far marciare assieme:
- tutela, protezione e accoglienza delle vittime
- contrasto della tratta e repressione dei trafficanti
- sostegno al reinserimento socio lavorativo delle vittime ma anche di tutte le persone in strada perché prive di alternative (prostituzione da povertà….)
- mediazione sociale e dei conflitti

Per questo per non correre il rischio di stare sull’emergenza o sull’ideologico baserò il mio intervento su un approccio pragmatico, basandomi sui saperi e sull’esperienza di 10 anni di lavoro…..
Un lavoro, per altro, che ha investito molto sulla ricerca sull’analisi del fenomeno sul confronto con altre realtà, in un’ottica che pensa al lavoro sociale non chiuso nella cornice stretta dei servizi e dei tecnicismi ma capace di darsi una “dimensione politica”, cioè in grado di rielaborare l’esperienza in proposta ed indirizzi da sottoporre alle istituzioni e agli amministratori sia in chiave locale che nazionale fatta questa premessa ed entrando nel merito un primo concetto: complessità.
Infatti se i flussi migratori, in generale, sono fenomeni multiformi e articolati per, ad esempio:
- nazionalità
- progetti e modelli migratori
- fattori di spinta
- culture
- livelli di relazione con i servizi e con il mondo del lavoro
- livelli di accoglienza dei contesti di arrivo

La tratta e la prostituzione migrante non solo si collocano a pieno titolo in tale complessità ma complicano ulteriormente vuoi per la fragilità, la multidimensionalità’ di disagio che accompagna quasi sempre le persone che ne sono coinvolte, vuoi per le specificità e le criticità sociali - culturali relazionali che tali fenomeni nei fatti portano con se ma andiamo a declinarla questa complessità ci sono almeno tre modelli di prostituzione:

1) la tratta, cioè la prostituzione coatta, non scelta ma obbligata, dove pur con livelli ed intensità differenti c’e’ l’inganno, il non detto, la costrizione fisica e psichica a volte violenza esasperata (Mirna, quando ho capito che non centrava la pizzeria - ribellata - botte e stupro di quattro suoi amici; Blerina - lo faccio perché suo fratello dice che ogni giorno vede mo figlio al paese che esce da scuola…..non so se mi spiego).
Per alcune comunità nazionali come le nigeriane e’ il modello prevalente

2) la prostituzione da povertà, cioè di tutte quelle persone migranti e non che nella prostituzione vedono l’unico percorso possibile per uscire da una condizione di povertà o per far fronte a particolari emergenze economiche (Maria - bulgara - casa da acquistare; Rita - moldava - figli a scuola e madre sola, tre mesi due volte l’anno; minori soli non accompagnati, bulgari - accettano 400 euro mese fissi)

3) la prostituzione emancipata, si potrebbe dire scelta, pur in presenza di possibili alternative lavorative e di reddito. Riguarda poco le donne migranti, più trans e donne italiane - maschi migranti. Nei casi di donne migranti, sono persone che già lavoravano nella prostituzione o nel suo indotto al paese di provenienza. In questo caso si potrebbe parlare di “prostituzione da importazione”.

Ma poi, anche all’interno dei modelli, vi sono profonde differenze per esempio a seconda dei diversi gruppi nazionali. Inoltre gli stessi modelli si evolvono nel tempo diversificandosi, mutando le cornici.

Esempi:

Tratta Nigeria:
- una volta solo le donne, oggi maschi - prima quasi esclusivamente prostituzione, oggi accattonaggio, e piccolo spaccio.
- le donne più consapevoli, ma giovani e giovanissime, spesso minori - non reggono la strada, più a rischio sulla salute.
- il rito voodoo sempre chiave dello sfruttamento - ma sempre più violento.
aumenta il ruolo di pressione delle famiglie delle donne (Miriam: quando sono tornata mio padre non voleva più… - Joy: non posso più stare con voi, la mia famiglia ha detto che devo tornare dalla madame, perché altrimenti non solo è pericoloso ma non riescono più a vivere….).
- per i maschi, vi e’ un intreccio forte con le sette.

Tratta donne dell’Est:
- intanto per le neo-comunitarie più difficile aggancio - permesso di soggiorno non rappresenta più la “magnifica attrazione”.
- diverso comportamento degli sfruttatori - più consapevoli di non alzare troppo la violenza (almeno per le donne in strada) - giocano più sull’ambiguità del doppio ruolo sfruttatore/amante (Milena: lui non mi sfrutta, mi vuole bene, mi lascia parte dei soldi, poi mi fa regali e spesso mi compra vestiti e mi porta a mangiare fuori; Georgia: lo ho denunciato perché dopo quattro anni… se ne è arrivato con una ragazzina più giovane) - tratta dolce o affievolita come si dice…
- percezioni culturali - le botte il ruolo servile molto spesso normale all’interno delle relazioni tra generi.
- forte spostamento al chiuso: particolarmente grave perché meno raggiungibili - rapporti più rischiosi.
- iniziamo a trovare ragazze fortemente destabilizzate, non solo per tipo di vita ma perché già arrivano con lievi handicap o storie di abusi o lunghi periodi di abbandono e istituzionalizzazione.
- i protettori continuano ad essere piccoli gruppi di uomini, spesso imparentati tra loro - non controllo diretto con criminalità organizzata ma rapporti e permessi.
- ancora: rom rumeni - qui prima maschi emancipati, poi mogli e sorelle - oggi sembra vi sia un avvio di traffico…

Una tale complessità non può che essere affrontata con un’altrettanta eterogeneità di politiche e interventi.

L’errore più grande:
Proporre semplificazioni
Tentare di ridurre ad omogeneità
Proporre soluzioni pre-confezionate

Invece vanno definite cornici di politica e programmazione sociale ad elevata integrazione (socio-sanitaria, pubblico-privato sociale, sociale e politiche attive del lavoro), strutturate su più livelli e ambiti di intervento, propedeutici l’uno all’altro e specificatamente:
1.la prossimità e la strada
2.l’accoglienza
3.la protezione e il reinserimento
4.la cura delle comunità locali (mediazione)
5.la questione della domanda di prostituzione

La prossimità e la strada
Il lavoro di strada - la prossimità e soprattutto la riduzione del danno.
Spesso guardati con diffidenza e ostilità perché tre critiche:
- privilegiare la riduzione dei rischi piuttosto che il superamento del comportamento che determina quei rischi, nei fatti non aiuta il cambiamento, ma anzi determina la stabilizzazione della situazione deviante.
- aiutare la persona a non farsi del male può essere interpretato dalla persona stessa come una sorta di condivisione da parte dell’operatore dei suoi atteggiamenti e dei suoi comportamenti.
- comprare e distribuire profilattici o altri materiali che facilitino l’esercizio della prostituzione, anche se con la motivazione della prevenzione e della tutela sanitaria, è comunque amorale e poco funzionale all’uscita dai circuiti devianti.

Sono elementi che vanno tenuti in conto anche se, almeno sui primi due tali posizioni smentite da tutti gli studi di settore e soprattutto dai risultati degli interventi sia in termini di abbassamento dei rischi e miglioramento della salute, sia in termini di uscita - fuga e denuncia.
E’ provato che senza il primo contatto in strada, senza l’offerta di servizi che non chiedono nulla in cambio, senza la sospensione del giudizio evitando facili moralismi, non si sarebbero costruite quelle relazioni fiduciarie che sono state alla base di migliaia di percorsi di uscita. In ogni caso è utile tener conto delle critiche per evitare di cadere in atteggiamenti autoreferenziali.

Vedere la strada e la riduzione del danno come insieme di interventi di:
- prevenzione e tutela sanitaria (non solo per le donne migranti - clienti - mogli e fidanzate italiane).
- abbassamento dei rischi, fisici e psicologici, legati all’esercizio della prostituzione (esempi: anelli e collane, non salire su macchine con più uomini, non accettare droghe, “diavoline” per fuoco, ecc).
- orientamento e accompagnamento ai servizi sanitari, (si toglie terreno all’economia criminale e deviata), e più in generale - presa in carico leggera della persona centrata sulla risposta a bisogni immediati e materiali.
Importanza: mediatori - peer operator - “operatori grezzi”.

L’accoglienza
Qui e’ importante adeguare il più possibile i tempi dell’accoglienza ai percorsi delle donne per questo occorre (in proprio o in rete):
- diversificare la proposta di accoglienza (case di fuga, prima accoglienza, case di autonomia, appartamenti protetti).
- comunicare rispetto, disponibilità di farsi carico, giusto equilibrio tra regole - culture di provenienza - progetto.
- curare la bellezza e l’ospitalità’ dei luoghi. Un bel posto, un bel arredamento comunica subito: “tu per me vali”.

La protezione
Dopo tante sperimentazioni, centrare i programmi individualizzati su:
- programmazione individualizzata, che da un lato sappia unire le esigenze immediate, accoglienza, tutela legale, protezione. ottenimento permesso, con avviare i presupposti per rafforzare le possibilità di uscita in autonomia ed emancipazione (alfabetizzazione, formazione, tirocini).
- d’altro lato configuri il programma non come percorso imposto ma come processo co-progettato e condiviso da parte del destinatario. Contratto in cui ogni parte investe e assume responsabilità.

L’importanza delle borse di cittadinanza

Il lavoro di comunità ovvero la mediazione sociale e dei conflitti
Credo sia parte fondamentale del nostro lavoro. E’ impossibile parlare di autonomia, di emancipazione, di pari opportunità, se tutto attorno c’è diffidenza - ostilità - allontanamento.
Inoltre penso:
- non possiamo negare che attorno alla prostituzione, soprattutto quella in strada, vi sia allarme e fastidio sociale.
- non possiamo far finta di non vedere o proporre la sola contrapposizione ideologica.
- non possiamo guardare ai diritti con una visione strabica, cioè non prendendoci cura anche dei diritti dei cittadini e delle cittadine dei territori dove la prostituzione viene esercitata.

Esperienza di Gianturco (Municipalità Napoli)
- uscite con cittadini
- monitoraggio elementi di fastidio
- tavolo con municipalità, cittadini, associazioni trans
- riunioni con le trans in sede sui comportamenti da evitare
- preparazione materiali di distribuire in strada (doppia firma)
- campagna informativa su popolazione su “chi e’ la prostituta migrante”
- lavoro comune sui problemi del quartiere (alla fine di una delle uscite la cosa meno degradata erano le ragazze)


Metodo che stiamo riproponendo anche in altri quartieri, in questo caso come prevenzione del conflitto.
Inoltre si sta aprendo un tavolo sullo zoning, definito come un insieme di interventi, tra cui quello dell’individuazione di aree dedicate, tesi al governo delle attività di prostituzione, attraverso attività integrate ed equilibrate tra l’aiuto alla persona, la lotta allo sfruttamento, la promozione di sicurezza diffusa, l’abbassamento della conflittualità sociale.
Zoning non come un progetto di “quartiere a luci rosse”, ma un dispositivo complesso mirato a migliorare la convivenza tra sex workers e gli altri cittadini, ed ad aumentare i livelli di sicurezza per tutti e tutte.

Lo zoning costruito attraverso un processo a tappe:
- individuare le possibili aree con un processo di ricerca/azione che garantisca: l’analisi dei contesti e dei luoghi; l’elaborazione dei dati statistici e qualitativi; la definizione e comprensione dei bisogni e delle aspettative di tutti gli attori coinvolti; la realizzazione di focus group con pezzi dei gruppi di destinatari interessati.
- contattare e far partecipare tutti gli attori interessati e tutte le parti sociali coinvolte.
- scegliere in modo condiviso le aree su cui avviare la sperimentazione.
- condividere e coordinare il progetto con le forze dell’ordine.
- fornire informazioni certe e corrette sul progetto e sulle fasi della sua sperimentazione.
- far partecipare le persone coinvolte nei circuiti prostituzionali alle fasi di promozione, produzione dei materiali, definizione degli strumenti e dei linguaggi, progettazione delle aree.

La domanda di prostituzione
Ovvero un universo ignorato: i clienti.
Ci sarebbe molto da dire e qui non abbiamo tempo, ma mi pareva giusto “richiamare l’attenzione”. Di questo non si parla mai, anche se le stime parlano di quasi 300.000 clienti che come dicono le ragazze, da noi non comprano sesso ma il potere di comandare.
Inoltre disprezzo e stigma sociale solo per chi vende il proprio corpo e non per chi lo compra.
Intendiamoci: credo che anche sui clienti occorre evitare contraccolpi emotivi, altrimenti si banalizza e si rimane in superficie, ma solo che occorre superare l’ipocrisia: “i clienti, non so chi siano, ma certo non mio figlio, non mio marito, non mio fratello”.

Per concludere: tra tutela delle persone e governo del territorio.

Ho provato a fare emergere come solo una molteplicità di approcci possa davvero governare il fenomeno tutelando le vittime e garantendo più sicurezza a tutti e tutte.
Su questo noi facciamo troppo poco, dobbiamo impegnarci di più per offrire saperi - racconto - modalità, a chi si trova a governare e amministrare i territori. Aiutare la politica a ridisegnare una progettualità che sembra aver perso sui temi dell’accoglienza della cura e dell’inclusione. Aiutare la politica a ritrovare il coraggio di farsi carico del conflitto, fuori dal binomio repressione / negazione.

Chiudo con un ultima considerazione su di noi, su come anche il nostro lavoro debba rivisitarsi, considerato il clima e i tempi che questo paese va vivendo.

Per farlo vorrei usare una citazione:
“siano innanzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia perché non accada che si offra come dono di carità ciò che e’ gia dovuto a titolo di giustizia” (Paolo VI).

Ecco, e’ urgente provare a lavorare non tanto per costruire solidarietà, ma per promuovere e tutelare diritti.

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