lunedì 19 aprile 2010

LA TRATTA

Domenica mattina, ore 6.30
Ci chiamano dalla Questura di Asti, una ragazza nigeriana è stata stuprata, malmenata e derubata per strada. Serve l’intervento di una mediatrice culturale ed un posto sicuro dove accogliere la ragazza. Prima si va in ospedale per una serie di controlli sanitari. 20 giorni di prognosi.
Arrivo in Questura, la ragazza mi sta aspettando nell’androne, avrà si e no 18 anni, le lacrime le solcano il viso. Gli abiti strappati, sporchi di fango. Parla poco, è diffidente.
Cerco di rassicurarla mentre la prendo in consegna. Don’t worry, we can take care of you, sister.
Mentre l’accompagno in macchina verso la casa di accoglienza, singhiozzando intona una preghiera.
La mediatrice le spiega che ora può stare con noi, l’aiuteremo a regolarizzarsi con il permesso di soggiorno e cercheremo di inserirla in un corso di alfabetizzazione per stranieri, poi forse arriverà anche un lavoro. Intanto può riposarsi, darsi una lavata, mangiare qualcosa, iniziare a pensare ad una vita normale.
La osservo con calma, giovane e spaventata.
Sono le 16, la mediatrice culturale, nigeriana anche lei, mi telefona. La ragazza è andata via, la madam l’ha chiamata al telefono e le ha ordinato di tornare a casa. Un ordine tassativo e perentorio. A nulla sono valse le argomentazioni della mediatrice, la ragazza ha deciso, torna dalla madam.
Questa sera sarà sicuramente di nuovo sulla strada, nello stesso posto a prostituirsi ed ha rischiare la vita per pagare un debito che non finisce mai.
Ecco cos’è la tratta. Qualcosa che ti mette il terrore addosso, qualcosa che ti annienta la personalità.
Un altro uomo domani potrebbe tornare ad aggredirti nel buio della notte, forse ucciderti, sei disperata, ma la voce della tua madam, quella voce spietata, ti mette addosso un terrore ancora più grande, un terrore a cui non riesci a sottrarti.