lunedì 7 ottobre 2013

un vino di grande qualità... e la qualità della vita di chi lo produce?


Oggi si è svolta la conferenza stampa di denuncia delle gravi condizioni abitative (o meglio, di baraccamento) in cui vivono i braccianti agricoli impegnati nella vendemmia a Canelli e zone limitrofe.
Hanno relazionato Alberto Mossino del PIAM e Nicolò Ollino del PRC di Asti.

Il discorso di fondo è che oggi l'agroalimentare si porta dietro situazioni di precarietà e sfruttamento, soprattutto nei periodi di raccolta. Queste situazioni hanno dei costi sociali che devono essere computati nei costi di produzione e non scaricati sul welfare o sull'ordine pubblico.
Devono farsene carico i produttori.

Oltre all'attenzione per la filiera corta, i disciplinari di produzione, le certificazioni biologiche, ecc. ecc. è ora di dare una certificazione anche etica ai prodotti, che tenga conto delle condizioni salariali e di dignità dei lavoratori impiegati.

In una ricerca sociale fatta dalla  Cooperativa Dedalus di Napoli sul lavoro in agricoltura al sud, vengono indicati 3 fattori di sfruttamento: se sono presenti tutti e 3 ci si trova in presenza di Grave Sfruttamento o Lavoro Paraschiavistico.

livelli e forme di violazione dei diritti fondamentali dei lavoratori migranti quali:
·       Il diritto alla libertà personale, attraverso la rilevazione di situazioni di riduzione in schiavitù e semischiavitù dei lavoratori, a partire dalla fase di reclutamento avviamento e trasporto.
·       Il diritto alla salute e a degne condizioni abitative, attraverso la rilevazione di tipologia e condizione dell’alloggio occupato e delle condizioni di salute influenzate dalla tipologia del lavoro svolto e dalle condizioni igienico-abitative.
·       Il diritto a situazioni lavorative degne, attraverso la rilevazione delle condizioni salariali, orarie, di messa in sicurezza, di rispetto delle norme contrattuali in generale, nonché dell’eventuale presenza di forme di caporalato che si occupano di reclutamento e collocamento al lavoro.

A Canelli abbiamo riscontrato gli ultimi 2.

Un'idea è quella di fare il contrario: dove si accerta che neanche una di queste situazioni è presente si può certificare che la produzione rispetta valori etici.

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